Entro il 22 febbraio mi riprometto di vedere almeno tutti i candidati a miglior film dell'87esima edizione degli Oscar.
Nel frattempo mi sottometto senza replica alla scomoda programmazione del Kinemax di Gorizia e scrivo le mie impressioni sell'ultimo film che ho visto in una delle sue tre sale, Big Eyes.



Ho deciso di andare a vederlo quasi solo ed esclusivamente perchè dal treiler non potevo credere si trattasse di un film di Tim Barton. Decisamente troppo luminoso, nessun attore feticcio, non un cenno al surreale o fiabesco, anzi tratto da una storia vera, quella di Margaret Keane (interpretata da Amy Adams), donna ancora in vita.
Riconosco, ammiro e al contempo impallidisco davanti alle sue gotiche scene distorte di richiamo espressionista, ma in Big Eyes non mi sono mancate.
La bellezza diafana di Krysten Ritter (Dee-Ann) o di Madeleine Arthur (la figlia teenager Jane), come alcune smorfie di Christoph Waltz (Walter Keane) sono però segni chiari di un Barton che tira le fila di questa vicenda romantica e di rivincita.
La storia di una donna separata, madre single, alla ricerca di un nuovo inizio nella San Francisco di fine anni '50 è di per sè struggente, e lo diventa ancor di più quando l'irreale perfezione del secondo amore si svela per quello che è, un enorme errore.
Il plagio subìto sia professionalmente che mentalmente dura diversi anni nei quali Margaret si isola, mentendo agli amici, alla figlia e a se stessa. Tra l'essere ingannatrice e l'essere ingannata sembra quasi lei soffra principalmente la prima condizione.
Quando scappa alle Haway e rompe la relazione con Walter non è sufficientemente forte da strapparsi al subdolo rapporto lavorativo, definitivamente sciolto tempo dopo grazie a una battaglia legale.
I 106 minuti scorrono rapidi, non ci sono tempi morti né picchi bassi; i primissimi piani sono stupendi, profondi ed esaustivi anche se la fotografia non eccelle...forse si potevano accentuare saturazioni e luminosità cromatiche di alcune inquadrature (vedi parcheggio nella fabbrica di mobili).
Direi proprio che è un Tim Barton da non perdere, diverso dal solito ma pur sempre Tim Barton.