Mason ha 8 anni, vive con la madre Olivia e la sorella Samantha. E' un bambino introverso a cui non piace parlare più del necessario; è ubbidiente, un pizzico birbante, e ha una grande dote: osservare. Stando con la madre ha imparato a comprendere i suoi sguardi e i suoi stati d'animo, soprattutto ha imparato a capire quando un uomo entrerà a far parte della sua vita.



A 20 anni Mason arriva al college con un bagaglio di esperienze personali che bastano a colmare una vita intera. E' cresciuto con due genitori separati, con una sorella esibizionista e impulsiva, con due patrigni dediti all'alcol, uno zaino sempre pronto per il prossimo trasloco, un padre che ha messo la testa a posto grazie alla nuova famiglia cattolica, una madre che ha raggiunto ogni sua ambizione fino a temere che i suoi successi fossero solo l'inizio della sua fine.
Boyhood è tutto questo, si potrebbe dire il classico film da venerdì sera, da guardare con tutta la famiglia. Non ci sono colpi di scena, né stranezze che la routine della vita di un adolescente non metta già in conto. La visione scorre rapida, senza cali d'attenzione; il tempo è così fluido eppure ben ricostruito che neanche ci si ferma a riflettere sul come mai il Mason 15enne abbia gli stessi tratti del Mason tenero e timido di sei anni prima. Come mai? Perché Mason è sempre Mason, lo stesso Mason.
Nel 2002, con il titolo provvisorio The twelve years project lo stesso regista Richard Linklater anticipò la volontà di realizzare un lavoro costruito a passo col tempo, in cui la crescita dei personaggi corrispondesse alla crescita dei loro interpreti nel continuo scorrere degli anni.
L'impegno che Linklater e lo staff hanno dedicato al progetto è impressionante, una volta l'anno, per ogni anno dal 2002 al 2013, tutti si sono riuniti per girare una piccola parte di Boyhood.
Ellar Koltrane, per la seconda volta sotto la direzione di Linklater, è stato bravissimo, genuino, convincente e sobrio nell'interpretare se stesso, anzi un suo possibile coetaneo. Molto brava anche Patricia Arquette nel ruolo della madre Olivia, con lo sguardo sempre intenso, le rughe del tempo a supportare i dispiaceri passati e la maturità acqusita come madre, donna e persona. E' stata bravissima a dare la stessa intensità a un'interpretazione frammentata per scelte di realizzazione. Davvero un'ottima prova la sua, come ottimo è il risultato finale: il film in sé non ha intenzioni particolari, forse, se non quella appunto di sperimentare qualcosa di nuovo dal punto di vista della regia e delle tecniche di realizzazione, eppure invita a riflettere sul tempo, su quanto rapidamente scorra, su come le persone cambino nell'agire e nel pensare anche per effetto delle nostre azioni e decisioni.
Boyhood è un film tenero ed emozionante che mostra ma non interpreta la visione della vita attraverso gli occhi di un bambino, il bambino che noi tutti siamo stati e che ci accompagna silenzioso ogni giorno della nostra vita.