Questa recensione la scrivo con le lacrime ancora umide sulle guance. Selma - la strada per la libertà è il mio vincitore indiscusso degli Oscar 2015.
Il film narra i fatti del '65, quando Martin Luther King Jr usava le marce come potere di negoziazione. Il tiro alla fune tra l'attivista e il politico, l'allora presidente Lindon Johnson, spesso si riassumeva con una protesta pacifica bloccata con violenza, spesso vedeva vittime innocenti, e sempre smascherava la folle xenofobia razzista di una società malata, storicamente lontana dalla nostra eppure così simile. Ben poco è cambiato. Ben poco abbiamo imparato.


Selma è un capolavoro di storia contemporanea- genere che in questa edizione è stato molto apprezzato -arricchito da immagini di repertorio che avvalorano il potere documentaristico e azzarderei didattico del film.
Sotto la direzione di Ava DuVernay, incomprensibilmente assente tra i registi candidati agli Oscar, la pellicola ricostruisce l'integrità morale di King, pastore protestante, marito, padre di famiglia, leader convinto alla guida di un popolo ingiustamente sottomesso e destinato a continui soprusi.
Non aspettatevi di vedere una biografia tra tante, ricca di retorica condita da luoghi comuni. Piangerete nel vedere gratuite violenze, non capirete l'origine di tanta cattiveria, vi arrabbierete per le ingiustizie subite con dignità e vi vergognerete di essere bianchi come le mani del lurido assassino di Jimmie Lee Jackson e dei picchiatori di quel 7 marzo 1965, la domenica di sangue.
Nei 120 minuti di Selma vedrete condensate le trattative e le strategie maturate in lunghissimi mesi, unite alle personali inquietudini dei personaggi che vi presero parte, i dubbi sul senso e sugli scopi delle loro azioni, prima tra tutte la marcia lungo Edmund Pettus Bridge per poi proseguire quegli 80 km che separavano Selma da Montgomery, 80 km da percorrere per la libertà.
La bellezza del film non prescinde dalla regia né dalla sceneggiatura esemplare ad opera di Paul Webb (lo stesso di Lincoln) o dalla performance di David Oyelowo nei panni di King, eppure
nessuno di loro è tra i potenziali vincitori delle rispettive categorie in gara per l'87esima edizione degli Oscar. Un vero peccato.